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Pasalic e Jankto, destini paralleli: chi l’azzecca tra Dea e Doria?

I jolly dalla cintola in su di nerazzurri e blucerchiati hanno fatto da effetto domino l’uno con l’altro. Arrivati a destinazione con la stessa formula, finora hanno deluso in forme diverse

Sono mezze ali da 4-3-3 o al massimo rombo, anche se almeno uno dei due è chiamato a fare altro. Uno, tendenzialmente ambidestro, ha ferito, o meglio illuso, in Europa League, apponendo un timbrino superfluo anche in campionato, dove il suo passo lento ha fatto naufragare i piani di Gian Piero Gasperini di fargli fare l’erede tattico di Jasmin Kurtic e Bryan Cristante. L’altro, sicuramente più mancino, l’ha risolta in Coppa Italia il 12 agosto con la Viterbese e tanti saluti all’etichetta dell’elemento duttile in lotta per un paio di zolle da titolare. Bella lotta tra presunti geni incompresi, o se si vuole tra crack del calciomercato ridimensionati dai verdetti del campo, tra Mario Pasalic e Jakub Jankto. Ovvero il croato che dal Chelesea è finito all’Atalanta, e il ceco che avrebbe dovuto andarci e invece l’Udinese ha indirizzato alla Sampdoria. Entrambi in prestito, entrambi per un affare che oltrepassa la quindicina di milioni.

MARIO, IL DILEMMA DEL GASP. Nei fuori microfono di EL, dove pure aveva stupito per la botta e via (di fronte) all’esordio nel 4-1 di Haifa il 9 agosto (all’inizio c’era Pessina) restituendo il favore a Barrow e facendolo poi a Cornelius per il raddoppio casalingo al ritorno, il Gasp invitava alla calma. Nella posizione cruciale all’interno del suo 3-4-1-2, il ’95 nativo di Magonza e passato da noi anche per il Milan, qualità indiscutibili a parte, avrebbe dovuto adattarsi ai ritmi richiesti. A fregarlo, nonostante la passabile inversione di ruolo con Freuler a Firenze, con lo svizzero tra le linee, la discontinuità: almeno due gol cannati a Copenaghen (via nella ripresa per Zapata e il tridente) nel playoff decisivo e uno grosso in gioco aereo col Milan a San Siro (dove non è sbucato dal tunnel a metà tempo, ecco El Rayo), a fronte del tris abbastanza esornativo nel poker al Frosinone alla prima di campionato (destro servitogli dal Papu) e dell’assist per doppietta e temporaneo 3-1 di Rigoni nella tana della Roma alla seconda giornata. Cinque da titolare su sette, di cui una in mediana a Firenze (stesso ruolo da subentrato con Spal e Torino, a de Roon e allo svizzero), e non più di due prove top all’impatto con la serie A dalla periferia dell’impero.

FURIA CECA NON ABBAGLIA. Meno felici sia lo score (vedi sopra) che le allacciate di scarpe da moloch del blucerchiato, atalantino mancato, una rivoluzione terrestre più giovane (19 gennaio, l’altro è del 9 febbraio). Perché dal kick off non aveva giocato nemmeno contro gli etruschi della C a metà settimana in pieno agosto: cambio di Linetty da mezzosinistro. Inefficace nell’undici titolare, accanto a Barreto e col polacco sul centrodestra, a Udine, perché sotto di un gol (di de Paul, al 9′) al settantesimo urgeva inserire Ekdal basso per chiamare l’ex nerazzurro del Paraguay, il Cagnass, agli inserimenti. Tre panche fisse di fila e poi, dalla sfida interna all’Inter in avanti, altrettante sostituzioni attive in corso d’opera: ancora per Linetty, quindi spiccioli al posto di Praet (Cagliari) e… di Linetty contro la Spal, indovinato. Di essere considerata la staffetta sulla trequarti dell’equilibratore Ramirez o dell’attaccante aggiunto Caprari proprio non se ne parla. Domanda legittima: che ne sarà di lui nel progetto di Marco Giampaolo, e dell’ex Monaco e Spartak Mosca in quello del Profeta di Grugliasco? Chissà che domenica i due non forniscano risposte in merito. Chi rispetterà le attese tra Pasalic e Jankto?

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