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La penna in trasferta – Fontana (Gazzetta): “Hellas, esame per Pecchia”

Che avversario deve aspettarsi l’Atalanta mercoledì all’ora dell’apericena? “Indubbiamente una squadra alla ricerca di un’identità e con l’unico obiettivo di lottare per la salvezza, ma che ultimamente ha dato segnali di ripresa”. Matteo Fontana, prestigiosa firma del calcio veronese che si divide tra Corriere del Veneto-Corriere di Verona, Gazzetta dello Sport ed Hellas1903.it, prova a tracciare un profilo della compagine dell’avvocato Fabio Pecchia alle soglie dell’arringa nel tribunale dell'”Atleti Azzurri d’Italia”.

L’allenatore si presenta a Bergamo sul banco degli accusati.
“È il posto che occupa fin da quando è arrivato qui, siamo una piazza storicamente ostica. In realtà la società non ha mai manifestato, nemmeno indirettamente, l’intenzione di sostituirlo. In proporzione mi sembra molto più in bilico Delneri a Udine. Pecchia ha tra le mani un organico costruito in ritardo e afflitto qua e là da problemi di ritardo nella condizione di alcuni elementi, anche se talvolta può aver commesso qualche errore di valutazione”.

Come nel derby, con la famosa staffetta Pazzini-Kean.
“Pazzini è uscito esausto, non gli si poteva oggettivamente più chiedere di tenere la palla e la squadra alte. La partita è stata comunque positiva per larghi tratti, nonostante le complicazioni nel primo tempo nel segno di Bruno Zuculini, dal rigore provocato al doppio giallo che ha lasciato l’Hellas in dieci”.

Insomma, il paziente è sulla via della guarigione o quasi.
“Sei punti fin qui ci sono, la dimensione in cui deve calarsi è quella attuale, ovvero in piena bagarre ma in compagnia. Le scoppole le ha prese dalla Fiorentina e dalle due romane (una cinquina e due tris, ndr). Il 2-2 di Torino è stato il primo segnale della riscossa, figlio di un’ottima prestazione. Col Benevento è stato uno scontro salvezza vinto e convincente. Nemmeno col Chievo è andato tutto storto, anzi. Purtroppo i limiti della rosa a disposizione ci sono e si vedono”.

Passiamoli in rassegna.
“Souprayen è stato reinventato centrale difensivo per l’indisponibilità di Ferrari che ha un edema al perone e di Heurtaux, anche se quest’ultimo rientra dopodomani in coppia con Caracciolo. Fares, che è un’ala, è stato riciclato come terzino sinistro. Cherubin, uno degli ex di turno, è fermo da quasi un anno: deve ancora recuperare dalla frattura allo scafoide destro per cui è stato operato a gennaio. Ora ci s’è messo pure il flessore di Caceres: probabilmente Romulo scalerà in difesa con Fossati aggiunto ai tre di centrocampo. Mattia Valoti è un giocatore molto tecnico ma non è una punta esterna, eppure nel 4-3-3 deve giocare lì e provare ad accentrarsi. Da mezzala sarebbe più efficace, il ruolo naturale è il trequartista. Forse con Kean dietro Pazzini in un albero di Natale troverebbe la sua dimensione e anche i gol che spesso gli rimangono in canna”.

Il materiale non sembra mancare. È più un problema di equilibri, forse.
“Un problema di coperta corta per via di un calciomercato definito praticamente in dirittura d’arrivo, come del resto ha riconosciuto anche il direttore sportivo Filippo Fusco. Qualche giocatore di classe notevole non fa difetto a questo Verona. Lo stesso Kean deve crescere e in prospettiva può sfondare davvero. Ma c’è sempre un però: Cerci, ad esempio, fatica a raggiungere la condizione migliore, perché all’Atletico Madrid di fatto ha perso un anno. A Torino è tornato a giocare una gara dall’inizio alla fine dopo circa due anni (Juventus-Milan 1-0, 21 novembre 2015, ndr). Per questo e altri motivi i reparti non sono molto bilanciati né tanto meno completi. Con Fossati-Bessa-Zaccagni almeno la mediana per l’infrasettimanale dovrebbe essere fatta. E davanti occhio a Bearzotti”.

Ricordi personali legati a questa sfida?
“I due scontri diretti nella famigerata serie B del ricorso accolto del Catania, la madre del calendario a 42 giornate. In panchina c’erano Salvioni all’andata e Maddè al ritorno per l’Hellas, nell’Atalanta Mandorlini che in seguito avremmo conosciuto da vicino anche noi. Al Bentegodi i nerazzurri dominarono sul piano del gioco (4 ottobre 2003, 2-1: Gautieri, Budan e Myrtaj, ndr). A Bergamo si giocò invece il 4 marzo, un giovedì, e l’Atalanta sembrava sulle ginocchia: Italiano e Papa Waigo portarono a casa facilmente la vittoria, un tassello importante per la salvezza mentre di là a fine stagione avrebbero festeggiato il ritorno nella massima serie pur da quinti in classifica”.

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6 anni fa

Nessuna partita è facile. Testa alta e concentrati

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